La quinoa non è un cereale. I botanici ci avvertono che non fa parte della famiglia delle Poaceae bensì delle Chenopodiaceae, è dunque un parente più prossimo di spinaci e barbabietole, piuttosto che di frumento e orzo. Gli agronomi la includono nella categoria indistinta degli pseudo-cereali, dove vanno a finire tutte quelle specie vegetali che somigliano per forma e vocazione ai cereali ma non lo sono, insieme a grano saraceno, amaranto e chia. La soluzione a questa crisi di identità arriva dai popoli della Cordigliera delle Ande che – avendola ricevuta in dono dagli Dei – la coltivano da millenni e la definiscono per l’appunto un grano andino.È una delle piante coltivate da più tempo nell’America Meridionale, come testimoniano i ritrovamenti archeologici. Tracce di quinoa risalenti al 3.000 a.C. sono state rinvenute nel Nord del Cile, mentre i resti di Ayacucho, Perù, rimandano al 5.000 a.C. La sua coltivazione aveva un valore economico e culturale in particolare per la cultura Inca, presso la quale rivestiva un ruolo importante nella religiosità e nella ritualità. Presso queste civiltà era diffuso il culto di esseri divini fonte di vita e protettori delle colture destinate a fornire cibo per l’uomo. Le piante più importanti erano dette “Madri”, ed erano venerate come divinità. Tra queste primeggiava la quinoa, rappresentata come una dea vestita di foglie della pianta stessa, e chiamata Chisaya Mama, madre di tutti i semi.
Già in tempi antichi la quinoa era tenuta in grande considerazione per le sue ben note proprietà nutritive. Al giorno d’oggi conosciamo l’eccezionale qualità delle proteine che contiene, con un ottimo bilanciamento degli aminoacidi, la sua buona dotazione di lipidi nutrizionali e la sua ricchezza di vitamine.
La quinoa smise di essere adorata, e coltivata, in seguito alla conquista spagnola, quando i grani andini furono sostituiti da coltivazioni importate dai colonizzatori. Nel 1532 il conquistador spagnolo Francisco Pizarro, a capo di un’armata di 158 soldati, raggiunse le Ande e sottomise la cultura Inca. Il Cattolicesimo fu introdotto a forza, insieme a colture europee come frumento e orzo, e agli indigeni fu proibito di praticare i riti religiosi in cui era coinvolta la quinoa. Chi perseverava a coltivarla, malgrado la proibizione imposta dai nuovi dominatori, poteva essere giustiziato, o subire il taglio delle mani. Tuttavia alcuni indigeni riuscirono a mantenere la coltivazione di quinoa in aree particolarmente remote e nascoste, così da diventare una delle “colture perdute degli Inca”.
La riscoperta delle quinoa comincia negli anni ’70 del XX secolo quando, grazie alle sue eccellenti caratteristiche nutritive, è stata inserita dalla NASA tra le specie vegetali candidate a sostenere la vita degli astronauti durante le lunghe missioni spaziali. È entrata così a far parte del progetto CELLS (Controlled Ecological Life Support System), che prevede l’utilizzo di piante per il sequestro di carbonio e la produzione di ossigeno per il controllo delle atmosfere artificiali all’interno dei moduli spaziali. Furono proprio gli studi condotti dalla NASA che in tempi recenti hanno riportato la quinoa agli onori dell’attenzione mondiale, suscitando l’interesse verso le sue uniche proprietà nutritive e resistenza agli stress ambientali, che la rendono degna dell’appellativo di super crop