La Cia: negli ultimi vent’anni si è speso moltissimo per gestire le conseguenze tragiche di alluvioni e frane, senza mai investire sul serio su politiche organiche di messa in sicurezza e tutela del territorio. Ora è tempo di invertire rotta e intervenire concretamente sui problemi legati al dissesto idrogeologico, che riguarda il 10% della superficie nazionale. Situazione grave nel Nord Italia, soprattutto in Liguria, dove i danni all’agricoltura sono già di decine di milioni di euro.
Il territorio italiano deve essere messo in sicurezza, senza ulteriori indugi da parte della politica, non solo per evitare il ripetersi di continue “emergenze maltempo”, purtroppo troppe volte con risvolti tragici, ma anche per una questione economica: non prevenire, infatti, è già costato al Paese 22 miliardi di euro negli ultimi vent’anni. Soltanto per riparare i danni causati da frane e alluvioni. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
E’ chiaro, quindi, che ora tocca invertire la rotta e, invece di gestire le conseguenze drammatiche del dissesto idrogeologico, investire sulla prevenzione e mettere in campo una vera politica organica di difesa e conservazione del suolo -evidenzia la Cia-. Finora troppo poco si è fatto per tutelare il territorio italiano dalla cementificazione sfrenata che ha cancellato in vent’anni oltre 2 milioni di ettari di terreno coltivato, lasciando spazio all’incuria, al degrado, all’abbandono da parte degli agricoltori, la cui opera di presidio e di manutenzione è fondamentale, soprattutto nelle aree marginali di collina e di montagna.
Per questo ora bisogna fare un deciso passo avanti -osserva la Cia-. Quanto sta succedendo in questi giorni, soprattutto in Liguria ma anche in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, deve far riflettere. Ci sono già danni e perdite per decine di milioni di euro solo nel settore agricolo: spazzate via le coltivazioni di una parte vastissima della Piana Albenganese, migliaia di vasi trascinati dalla furia delle acque, coltivazioni di aromatiche, piante fiorite sommerse, serre e magazzini invasi dall’acqua e dal fango. Aumentano i timori anche per vigneti e oliveti pregiati e sale il pericolo di sempre nuovi smottamenti, perché un terreno zuppo, ormai impossibilitato a drenare le precipitazioni, è sempre più frequentemente oggetto di frane, anche di dimensioni enormi.
Insomma, non c’è più tempo da perdere: servono adeguate politiche di prevenzione del territorio, a cui affiancare una puntuale azione di vigilanza e controllo delle situazioni a rischio che deve coinvolgere necessariamente gli agricoltori (conclude la Cia). Non si deve mai dimenticare che oggi il rischio idrogeologico in Italia coinvolge il 10 per cento circa della superficie nazionale e riguarda 6.633 comuni. Vuol dire che quasi un cittadino su dieci si trova in aree esposte al pericolo di alluvioni e valanghe.