I tre punti dell’organizzazione per valorizzare e promuovere Made in Italy
Roma, 2 marzo – E’ corsa elettorale all’etichetta sui prodotti alimentari. A pochi giorni dal voto, si rincorrono da più parti annunci di nuove misure proposte come baluardo di difesa del Made in Italy, ma che finiscono per usare il cibo come strumento politico di chiaro stampo provinciale, dimenticando che il quadro normativo di riferimento è l’Europa. Per Cia-Agricoltori Italiani si rischia così di creare confusione tra produttori e consumatori, lasciando al mero esercizio di propaganda un tema così fondamentale per la salute e per l’economia.
“Come Cia siamo favorevoli all’etichettatura alimentare, che però deve tener conto di tre presupposti. Prima di tutto, i decreti italiani devono avere un analogo quadro in Ue; occorre quindi agire in un’ottica globale e non chiusa sempre nelle logiche nazionali. In secondo luogo, bisogna superare il concetto di tutela, per lavorare piuttosto sulla valorizzazione e la promozione del marchio e del sistema Made in Italy, in un’ottica di sostenibilità, spiega il presidente nazionale, Dino Scanavino. Le indicazioni di origine sono le fondamenta da cui partire, all’interno però di una strategia più ampia di qualificazione produttiva e commerciale di filiera, focalizzata su Dop e Igp e orientata a rispondere ad esigenze e attese di mercato e consumatori. Avulsa da questa visione di filiera, infatti, l’indicazione di origine rischia di rappresentare solo un onere per i produttori. Infine, proprio in vista di un Regolamento Ue che sarà direttamente applicabile a tutti gli Stati membri, tra cui l’Italia, riteniamo che la scelta dell’indicazione di origine in etichetta ora sia più opportuna in forma facoltativa che obbligatoria e rappresenti comunque un ulteriore costo, che potrebbe subirne di aggiuntivi con l’entrata in vigore della normativa europea”.
Insomma, per Cia-Agricoltori Italiani, è fuorviante concentrarsi solo su annunci che hanno effetti più politici che economici, finalizzati alla campagna elettorale e non certo a risolvere i veri problemi dell’agricoltura.