Lettera dell’Organizzazione agricola all’assessore Fabio Rolfi che ha istituito un tavolo regionale per affrontare la problematica.
La sola caccia non basta a contenere il cinghiale, occorrono misure di controllo e contenimento efficienti che proteggano le attività agricole e riducano a zero i danni cagionate alle stesse.
Questo il principale messagio contenuto della lettera inviata da Cia-Agricoltori Italiani della Lombardia all’assessore all’Agricoltura regionale Fabio Rolfi, che ha da poco attivato un tavolo specifico sulla gestione del cinghiale in Lombardia.
La presenza di ungulati nella nostra Regione non è spontanea, ma frutto di immissione artificiale, spiega l’Organizzazione agricola aggiungendo che “il cinghiale lombardo è ciò che gli studiosi di ecologia definirebbero un esempio di inquinamento biologico, che come tale non fa altro che impattare negativamente sull’ambiente e sull’agricoltura”, oltre ad essere pericoloso per l’incolumità stessa dei cittadini.
Gli unici a trovare vantaggio dalla presenza del cinghiale sono i cacciatori, afferma Cia Lombardia.
“Comprendiamo che dovendo normare la gestione del cinghiale, la Regione si è trovata a dover mediare tra queste esigenze fortemente in contrasto tra di loro e apprezziamo lo sforzo fatto nel contenere in modo cospicuo le zone idonee alla diffusione della specie e nell’includere nelle zone non idonee quelle dove l’impatto del cinghiale sull’agricoltura è più grave”.
L’Organizzazione, formulando alcune osservazioni alla legge regionale 19/2017, fa tuttavia presente che anche nelle zone considerate idonee ci sono vigneti, frutteti, vivai, coltivi, prati e pascoli, sui quali l’impatto del cinghiale è devastante e non opportunamente documentato.
Peraltro le zone idonee sono tutte in collina o in montagna, dove l’agricoltura ha una maggiore valenza ecologica e nello stesso tempo è più difficile da praticare. Proprio in questi territori i danni provocati dalla presenza del cinghiale accelerano il processo di abbandono dei campi. Anche la virtuosa filiera vacca-vitello, che si sta sviluppando nelle “zone alte” rischia di essere gravemente ostacolata dalla presenza di ungulati.
Pertanto, sostiene Cia, è necessario approntare misure efficienti per proteggere le attività agricole, partendo dai criteri che stabiliscono la cosiddetta “densità obiettivo”: principio fondamentale è considerare la densità obiettivo quella per cui i danni al settore primario tendono a zero.
La “densità obiettivo” deve essere valutata zona per zona ed occorrono interventi mirati per raggiungerla.
“A tale proposito” ricorda Cia Lombardia, “le esperienze passate ci hanno dimostrato che la rotazione delle squadre preposte al controllo, su zone diverse rende più efficienti i loro interventi. Non escludiamo poi che all’inizio possa essere necessario approntare massicci abbattimenti straordinari, aventi lo scopo di ridimensionare opportunamente le popolazioni. D’altronde”, evidenzia l’organizzazione, “i rilasci abusivi sono ancora praticati, specialmente in orari notturni, quando non è possibile esercitare il controllo da parte delle figure preposte. Per questo occorre intensificare i controlli per identificare gli allevamenti abusivi e chiuderli”.
In buona sostanza Cia Lombardia chiede che e i metodi di controllo approntati garantiscano interventi tempestivi ed efficaci, affinché si prevengano i danni alle colture, “cosa che fino ad ora non si è avuta. Chiediamo inoltre”, conclude l’Organizzazione, “che venga costantemente monitorata l’efficienza delle misure adottate, in modo tale da mettere in atto delle azioni correttive se necessarie”.
Milano, 17 maggio 2018