Primo stop allo straordinario trend dell’agroalimentare Made in Italy nell’ultimo quinquennio (+46%). Con aggiunta di vino e olio, il danno diventerebbe incalcolabile
Roma, 30 gen – Scongiurare la minaccia di nuovi dazi al vino e all’olio, che causerebbe una vera e propria guerra commerciale fra Trump e l’Ue, con pesanti ricadute per l’Italia. Questo l’appello di Cia-Agricoltori Italiani, in occasione dell’incontro al Mipaaf fra la ministra Teresa Bellanova e il Segretario all’Agricoltura Usa, Sonny Perdue. L’allarme dopo gli ultimi dati che registrano il primo impatto negativo delle politiche protezioniste di Trump (-6,5% il calo dell’alimentare a novembre), in seguito all’introduzione a ottobre dei dazi su formaggi, salumi e liquori che hanno arrestato il boom dell’agroalimentare Made in Italy negli Usa dell’ultimo quinquennio (+46%). Il dato più preoccupante riguarda grana padano e parmigiano, la voce più importante fra i formaggi soggetti a dazio, che calano del 37%.
Prima dell’introduzioni del dazio, il 2019 era stato caratterizzato da un boom di vendite tricolori negli Usa, con 3,9 miliardi di euro e un aumento del 12%, molto maggiore degli altri mercati Ue (media del +2%). Una nuova ondata di dazi nella black list di Trump, con l’inclusione di vino e olio e l’aumento dell’attuale tariffa sul formaggio (dal 25 al 50%), rappresenterebbe un danno incalcolabile per il settore, che ha negli Usa il terzo mercato di sbocco. Nell’ultimo anno l’Italia ha spedito 4,2 miliardi di euro sul mercato statunitense e il 10% delle esportazioni agroalimentari italiane sono approdate sulle tavole dei consumatori a stelle e strisce.
Per le vendite estere di vino, gli Usa sono il primo mercato di sbocco italiano, con 1,5 miliardi di euro e un peso sulle esportazioni totali oltreoceano del 35%. Percentuale in crescita, visto che nei primi 9 mesi del 2019 avevano già superato del 4,6% il dato dell’anno precedente, con un’impennata per gli spumanti (+9%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 30% sull’export totale di vini tricolore, molto più del diretto competitor transalpino, la cui quota non arriva al 20%. Il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, Cia ricorda anche come sia difficile recuperare rapporti solidi con i buyer Usa, una volta che questi siano costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali. Cia evidenzia che gli stessi produttori americani di vino hanno lanciato una petizione contro la nuova ondata di dazi, essendo preoccupati dai danni per la loro filiera distributiva, che oltre ai vini locali commercia anche quelli esteri
“L’imposizione di nuovi dazi doganali non farebbe che infliggere danni alle imprese e ai cittadini e mettere a rischio un mercato florido per le nostre aziende (spiega Dino Scanavino, presidente Cia). Se tra Usa ed Europa non si fosse interrotto il processo negoziale del TTIP questo non sarebbe successo. Esemplari le recenti statistiche del CETA, con una crescita dell’export agroalimentare nazionale sul mercato canadese del 5%, mentre in Germania, primo sbocco mondiale per l’export italiano, siamo allo 0%”.