27 maggio 2015, Lyn ha invitato alcuni amici al Bush Camp, un ristorante attorniato da alcuni bungalow dove ha lavorato per una vita, per quello che qui viene chiamato despedida, ovvero una festa per salutare qualcuno che parte, o che si sposa. La despedida di oggi vuole però dare un addio insolito, è tutto quello che ci sta attorno che se ne sta andando. Domani arriveranno i bulldozer ed il Bush Camp non ci sarà più. Con esso scomparirà la f oresta di mangrovie, e tutti i suoi variopinti abitanti, tra cui i granchi violinisti.
Festa piuttosto triste, mormorano i nostri sguardi, siamo qui per salutare un paradiso. Il nostro piccolo gruppo di cooperanti è formato da me, Teresa, Michela, Chin e Luca, cerchiamo di goderci i petiscos offerti da un ristorante del centro di Pemba, le bevande rimaste al bar da smaltire, e le ultime onde che accarezzano la sabbia bianca. La sera cala presto sulla baia, la notte è nera come il pão preto (l’ebano). Luci rischiarano il bar e ci trattengono tutti sotto il suo tetto di rami di palma. La musica si intromette nei discorsi dei convitati solo per poco, perché nessuno ha molta voglia di ballare.
Sulla spiaggia vengono accese delle lanterne, alcune sono mandate a fluttuare sulle acque della baia, altre lasciate volare in cielo, come per chiedere perdono agli elementi. Alcuni acrobati si esibiscono intanto facendo roteare bolas infuocate.
Le lanterne sono trasportate dal vento in direzione delle luci lontane della città di Pemba. L’area su cui sorge il Bush Camp è stata destinata ad essere cementificata, per la costruzione del nuovo porto della città. Questa infrastruttura ciclopica comprenderà zone industriali e residenziali, e una ferrovia di collegamento con l’interno della regione.
La nostra speranza è che l’abbattimento delle mangrovie, lo sfratto dei granchi violinisti e lo sguardo senza futuro di Lyn siano davvero giustificati da uno sviluppo equo e condiviso tra tutti gli abitanti di questa povera regione del Mozambico.