L’allarme dall’Assemblea nazionale la Spesa in Campagna: riscaldamento globale minaccia sopravvivenza impollinatori. Persi già 10 mln di alveari, con effetti sulla tavola
Roma, 4 dic – Negli ultimi cinque anni sono scomparsi 10 milioni di alveari nel mondo, quasi 2 milioni l’anno, oltre 200.000 solo in Italia. I cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e la diffusione di nuovi parassiti, stanno mettendo a rischio salute e sopravvivenza delle api, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. Perché dal loro ruolo essenziale di impollinatori dipende il 70% della produzione agricola mondiale, quindi del cibo che portiamo a tavola. Questo l’allarme lanciato dall’Assemblea nazionale de la Spesa in Campagna, l’associazione per la vendita diretta di Cia-Agricoltori Italiani, dal titolo “Api, agricoltura e cambiamenti climatici. Come cambia la spesa delle famiglie italiane”.
Una delle conseguenze peggiori del riscaldamento globale è proprio la diminuzione drastica del numero di api. “Se non si interviene subito e in maniera integrata, presto le varietà di miele, così come ortaggi e frutta, saranno sempre più scarsi, o non disponibili, in primis nei mercati contadini dove gli agricoltori portano ogni giorno tipicità e biodiversità -ha spiegato il presidente nazionale de la Spesa in Campagna, Matteo Antonelli-. Bisognerà comprare a prezzi più alti per avere prodotti di qualità e stare sempre più attenti alla provenienza”.
Ecco perché, ancora di più oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Non solo miele, insomma: dal lavoro delle api dipendono prodotti come mele, pere, ciliegie, albicocche, meloni, pomodori, zucchine, carote, cipolle, ma anche foraggi per gli allevamenti.
Un ruolo insostituibile, insomma, ma minacciato dai cambiamenti climatici. Prima di tutto, il rialzo della temperatura del pianeta costringe le api a cambiare habitat e spostarsi di continuo alla ricerca di areali più freschi. Altri contraccolpi arrivano dallo stravolgimento delle stagioni con primavere anticipate e freddo fuori periodo: vuol dire avere polline e nettare sui fiori a disposizione delle api quando ancora non sono pronte a raccoglierlo e, invece, fioriture vuote quando dovrebbero alimentarsi, con effetti sulla capacità produttiva e riproduttiva, ma pure sulla resistenza alle malattie. Che è poi un altro risultato del climate change. Il riscaldamento globale, infatti, facilita la proliferazione dei cosiddetti “parassiti dell’alveare”, dalla Varroa alla Vespa Vellutina all’Aethina tumida, micidiali per le nostre api.
Per tutti questi motivi, solo nel 2019 la produzione nazionale di miele di acacia e agrumi ha fatto registrare una contrazione del 41%, con una perdita in termini economici di circa 73 milioni di euro. E questo nonostante gli oltre 50.000 apicoltori italiani che curano 1,1 milione di alveari sparsi nelle campagne nostrane hanno concentrato i loro sforzi per salvare le api, attraverso la nutrizione artificiale con sciroppo di zucchero e canditi proteici. “Senza il loro intervento -ha evidenziato Antonelli- le api morirebbero di fame. Continuando questo trend, sarà inevitabile che alcune varietà di mieli locali diventeranno sempre più scarse”. Una ricerca dell’Università di Milano sulla correlazione tra fenomeni climatici e ambientali e moria delle api ipotizza che, in assenza di interventi, la produzione di miele potrebbe addirittura scomparire da qui a 100 anni.
“E’ fondamentale quindi promuovere misure che favoriscano e tutelino lo sviluppo dell’apicoltura -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino-. Innanzitutto, occorre sostenere i piccoli apicoltori: il cittadino che compra il miele al mercato contadino, nelle botteghe della nostra associazione la Spesa in Campagna, aiuta gli apicoltori e, con loro, difende la biodiversità e l’economia del paese”. Alle istituzioni, ha aggiunto, “chiediamo di intervenire sul sistema fiscale, prevedendo un’aliquota Iva agricola anche per servizi di impollinazione, pappa reale e polline; di introdurre adeguate misure di sostegno assicurativo contro le calamità naturali; di valorizzare l’apicoltura attraverso incentivi per i produttori agricoli da inquadrare nell’ambito dei Psr”.