Funzione insostituibile soprattutto nelle aree rurali. Pronte proposte a politica e pubblica amministrazione
Roma, 13 nov – Salvaguardare il ruolo dei Caf, prima di tutto nelle aree rurali, dove i Centri di assistenza fiscale riescono a coniugare la funzione di tutela e di consulenza nei confronti dei cittadini a quella di maggiore intermediario con la pubblica amministrazione, in un quadro di progressivo arretramento della disponibilità di servizi sociali. Un ruolo e una presenza fondamentale sul territorio, che continua invece a essere messa a rischio dall’ingente taglio di risorse ai Caf deciso a partire dalla legge di Stabilità del 2016. E’ quanto emerso dal convegno “L’importanza del Caf-Cia nelle aree rurali”, che si è tenuto oggi a Roma all’Hotel & Conference Center Ergife.
La legge di Stabilità 2016, infatti, ha previsto un pesante taglio al tetto di spesa per i compensi dei Caf di 100 milioni in 4 anni e, nel 2019, è stata attuata l’ultima riduzione di 30 milioni. Così, però, si arriva ad avere un riconoscimento economico, per ogni pratica, non parametrato né al lavoro di compilazione né alle possibili sanzioni in cui i Centri di assistenza fiscale possono incorrere. Eppure -spiegano dal Caf di Cia-Agricoltori Italiani- senza la nostra capillare presenza, soprattutto nelle aree interne del Paese, troppi cittadini sarebbero nell’impossibilità di accedere ai benefici previsti dalle normative, così come di adempiere ai propri obblighi tributari e previdenziali.
Il Caf-Cia è presente con sedi operative in 2.187 Comuni, con una capillarità estesa nelle aree rurali, dove riesce a toccare l’81%. Solo nell’ultimo anno, grazie anche a servizi di prossimità, ha erogato almeno una prestazione in 6.832 comuni sui 7.914 totali. Il numero dei clienti, nel 2018, è stato di 750.000, di cui oltre 560.000 dislocati in aree interne e svantaggiate. Grazie a questa organizzazione territoriale, sempre nel 2018, le pratiche Isee gestite sono state 157.000 pari al 3% delle DSU totali (con punte delle aree rurali del 15%); le domande di reddito di cittadinanza 24.000 sulle 960.000 totali e le dichiarazioni dei redditi con modello 730 oltre 500.000 (in entrambi i casi con punte del 20% nelle aree rurali).
“Sarebbe impensabile avere un presidio territoriale diretto altrettanto esteso da parte dello Stato, come è impensabile immaginare un fai da te così diffuso, tale da poter fare a meno del ruolo di intermediario sociale del Caf -ha detto il presidente Consiglio di amministrazione Caf-Cia, Alessandro Mastrocinque-. Per questo, la scelta di depotenziare i Centri di assistenza fiscale, fino all’impossibilità di sostenersi economicamente, è profondamente sbagliata. Noi vogliamo svolgere seriamente il nostro lavoro, agevolando e tutelando i cittadini, e soprattutto non vogliamo sottrarci a nessuna responsabilità, ma vorremmo che la politica prendesse seriamente in considerazione la necessità di tornare allo spirito delle regole del 2014, ripristinando il plafond destinato alla copertura dei compensi, che deve essere adeguato al livello tariffario e al numero dei servizi effettivamente erogato”.
Ma il convegno è stato anche l’occasione per presentare le proposte del Caf-Cia alla politica e alla pubblica amministrazione, come contributo alle riforme che vanno delineandosi, garantendo equità e migliore trasparenza. Si parte dall’applicazione estesa dell’ISEE, come strumento per la rimodulazione delle agevolazioni fiscali, definendo un collegamento, per tutti i contribuenti, tra il sistema delle detrazioni e deduzioni fiscali e l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Tra le altre proposte del Caf-Cia: una semplificazione più consistente nell’ambito dei modelli dichiarativi usando il 730 come base per tutti; il contrasto all’evasione fiscale attraverso la tracciabilità dei pagamenti e con lo sviluppo effettivo dei pagamenti elettronici, abbattendo il peso delle commissioni bancarie ma dando a fasce sensibili della popolazione (pensionati, soggetti in difficoltà col sistema bancario, contribuenti dislocati in aree interne e svantaggiate) un lasso di tempo temporale di almeno tre anni che porti all’obbligatorietà in modo graduale; l’estensione del visto di conformità apposto dai Caf ad altri servizi, come l’aggiornamento dell’archivio catastale dei fabbricati e dei terreni; l’armonizzazione dell’organizzazione delle Agenzie Fiscali territoriali.
E ancora, secondo il Caf degli Agricoltori Italiani, servirebbe un’evoluzione della dichiarazione precompilata, rendendola disponibile a partire dal primo aprile, per evitare i ritardi degli anni passati, con la possibilità di acquisire deleghe da parte dei contribuenti da inviare massivamente, per poter aver accesso tramite web service al loro cassetto fiscale, e con un controllo parallelo da parte di Agenzia delle Entrate degli indirizzi IP da cui le singole precompilate vengono inviate. Infine, per il Caf-Cia, le detrazioni legate alla salute devono poter diventare credito di imposta per gli incapienti, mentre bisogna lasciare inalterate se non stabilizzare con certezza, laddove possibile, tutte le scadenze fiscali.
Sono intervenuti alla tavola rotonda, moderata dal giornalista Luca Telese, Paolo Savini, capo divisione servizi Agenzia delle Entrate; Antonio Pone, direttore centrale Inps direzione servizio utenti; Dino Scanavino, presidente nazionale Cia; Massimo Bagnoli, coordinatore Consulta dei Caf; Paolo Russo, vicepresidente Commissione parlamentale Federalismo fiscale; Serse Soverini, Commissione parlamentare per la semplificazione.