Il popolo mozambicano non sa proprio fare a meno della manioca, sia della sua grossa radice ricca di amido, che delle sue foglie, con le quali si preparano alcuni piatti, come la matapa. Non c’è piccolo produttore agricolo che non ne coltivi almeno qualche pianta nella sua machamba. Sarà per questo che a una varietà è stato dato il nome di Nahalima, che significa “se non ci fosse, che cosa mangeremmo?”.
Ogni produttore, poi, coltiva almeno due diversi tipi di manioca, dolce o amara. Le varietà di manioca amara producono radici che contengono sostanze tossiche, che devono essere eliminate facendo seccare il prodotto, o tramite fermentazione. Questo tipo di manioca è adatto ad essere trasformato in farina, con la quale si prepara una polenta bianca chiamata xima, con cui si accompagnano la verdura, il pesce e la carne. Le varietà di tipo dolce, invece, non contengono sostanze tossiche e possono essere cotte e mangiate non appena sono pronte per essere raccolte. Questa caratteristica si può ritrovare nella varietà di nome Timbuca, che significa “fresco e dolce”.
Dove ho imparato a chiamare le manioche per nome? Nell’aldeia di Impiri, sempre nel Cabo Delgado, sempre nel nord del Mozambico. Non si sa bene quanti abitanti abbia questo villaggio, c’è che dice settemila, c’è chi dice ventimila. Il suo mercato è animato, perché si allunga ai lati di una strada asfaltata importante, che collega nientemeno che la città di Pemba al resto del Paese. In questa stagione tra le baracche di legno, bambù e lamiera risaltano i verdi, i gialli e i rossi dei mango, che maturano in continuazione, a migliaia tra i rami di immense mangueira.
Le facce che si incontrano nel mercato di Impiri sono sempre le stesse. Ragazzi di tutte le età, comunque giovani perché non è facile diventare vecchi, con i vestiti logori, impolverati, e gli occhi privi di pensieri: la guerra ha distrutto il loro passato, è quindi difficile immaginarsi un presente, tantomeno un futuro. I bambini ripetono “Patrão, dá-me cinco Meticais…”, poche parole che raccontano tutta la storia del Mozambico. “Padrone, dammi cinque Meticais” scompone in fattori primi la cultura di un popolo asservito agli equilibri del mondo, dall’epoca coloniale fino al tempo dei giacimenti di gas naturale. Basta un rialzo di pochi decimali del dollaro, che l’inflazione in Mozambico schizza e le famiglie non possono comprare nemmeno il riso.
Meno male che c’è la manioca, che cresce bene in quasi tutti gli orti del Mozambico, ed è tra le prime fonti di energia alimentare per la popolazione. Questa pianta può fornire nutrimento anche quando sulla tavola non c’è nient’altro. La manioca, quando è disponibile, porta sollievo dalla fame. La sazietà migliora anche l’umore della persona, quindi perché non chiamare N’gomani la varietà di manioca più dolce, e che raggiunge più velocemente il momento della raccolta? Questa parola deriva da N’goma, che altro non è che una danza diffusa in Cabo Delgado. E si sa, con lo stomaco pieno si torna ad essere contenti, e viene voglia di ballare.