A terceira maior baía no mundo! Capita di sentir dire in giro per la città, perché Pemba sorge sulla punta di una penisola che divide dall’Oceano Indiano uno dei porti naturali più grandi al mondo. È questo uno dei doni della natura che rende la città tanto bella quanto ambita. La sua posizione strategica, i vicini giacimenti di gas naturale e le potenzialità turistiche, stanno attirando orde di investitori, e quando a perdita d’occhio vedi tutti i colori del mare e del cielo viene da pensare “Chissà se la prossima volta che verrò sarà ancora così”.
Accanto alla mia scrivania si trova quella di Teresa, una giovane cooperante italiana che sta lavorando ad un progetto di turismo sostenibile, che non depaupera le risorse ambientali e punta a valorizzare le attività economiche gestite dalla popolazione locale. Una sera mi chiede “Ti andrebbe di partecipare ad una visita guidata nel bairro di Paquitequete? È un tour organizzato dagli allievi del corso per guide turistiche, è importante che i ragazzi facciano pratica!”.
E così, la mattina successiva mi sono presentato all’appuntamento presso il “ponte di Paquite”, l’ultimo tratto di strada asfaltata prima di entrare in questo quartiere affacciato sull’imboccatura della baia, tradizionalmente popolato da pescatori, palme da cocco, delfini e balene. I coordinatori del progetto mi hanno accolto e affibbiato immediatamente un lungo questionario. Mi era sfuggito il dettaglio che non si stava svolgendo una semplice esercitazione, ma un vero e proprio esame di fine corso… ecco perché i quattro ragazzi pronti a guidarci attraverso il bairro avevano quell’aria così preoccupata.
Paquitequete è un gruppo di abitazioni tradizionali, con pareti di legno e fango essiccato e il tetto di foglie di palma da cocco, il coqueiro. Sorgono di tanto in tanto costruzioni in muratura, tra le quali la moschea e la scuola. Le case si dispongono lungo un labirinto di strade strette in terra battuta, dove il passaggio del nostro gruppo desta non poca sorpresa. Non è un quartiere abituato alle visite turistiche, e ce lo dimostrano gli sguardi diffidenti dei pescatori sulla spiaggia, o dei commercianti lungo le strade.
I coqueiro sono certamente i protagonisti del paesaggio di Paquitequete, svettano alti come vessilli, e non vi è casa che non ne abbia almeno uno piantato nell’orto. D’altronde, del coqueiro non si butta via niente. Con la polpa dei frutti si preparano tutti i piatti alla base della dieta locale, in particolare il riso al cocco. Il latte che fuoriesce dalle noci è ricchissimo di vitamine e sali minerali. Con le foglie si costruiscono le abitazioni, e le radici… fanno passare il mal di testa!
Quello che viene definito “mercato del pesce” non è altro che una casa con un portico di legno, dove sono ammassate ceste piene di pesce secco: pesce pappagallo, polpo, crostacei, e altre specie curiose che arrivano dalla vicina barriera corallina. La nostra guida vorrebbe condurci all’interno, ma il gestore del mercato protesta, quindi proseguiamo oltre.
E così, le guide turistiche sono pronte a mostrare l’antico spirito di Paquitequete ai viaggiatori. La vera sfida ora è rimanere qui, in questo bairro, senza essere sfiduciati dalla diffidenza della gente verso questa usanza così “occidentale”. Se il Mozambico guarda con sospetto al musumbu – il bianco – che sconfina nei quartieri dove abitualmente non si avventura, la ragione va ricercata in una lunga storia di schiavitù, guerre coloniali, e rapina delle risorse naturali. Il turismo sostenibile e responsabile forse non cambierà risolutivamente le cose, ma ha il compito e il merito di portare in Africa il messaggio di quegli europei che capiscono l’enorme peso della Storia, e prima di tutto desiderano ascoltare.