Da quando è iniziato, Expo 2015 ha focalizzato l’attenzione di tutto il mondo su una tematica fondamentale: come nutrire il pianeta? Tante le soluzioni proposte dai vari paesi partecipanti e numerose le iniziative ad esso collegate.
Ecco che, tra le innumerevoli cose da fare e da vedere ad Expo, mi ritrovo all’interno del Biodiversity Park, precisamente lungo la passeggiata della biodiversità: una camminata attraverso cinque diversi paesaggi – Alpi, Appennini, Pianura Padana, tavolieri, isole e coste- che caratterizzano il territorio italiano e che portano a scoprire, tra gli altri, un ulivo di quattrocento anni e un mirto di trecentocinquanta anni. E’ proprio ai piedi di questo mirto che la mia attenzione è attirata da una pianta che mi sembra molto famigliare, o almeno che tale mi è diventata negli ultimi mesi. Ma come è possibile? E’ vero siamo all’interno del parco della biodiversità, che vuol dire proprio questo: diversità e molteplicità delle specie biologiche presenti sulla terra. Non mi sarei, però, mai aspettata di trovarmi una piantina di okra ai piedi di un mirto pluricentenario che viene direttamente dalla Sardegna!
E invece mi devo ricredere, è proprio così: uno degli ortaggi esotici seguiti nel progetto Nutrire la città che cambia è apparso anche a Expo. Come ci è arrivato? E’ stato seminato da Vandana Shiva, fisica indiana attiva nella tutela delle risorse naturali, insieme a fagioli e zucca, e sembra proprio essersi adattato perfettamente alla vegetazione che caratterizza il paesaggio delle isole.
Chissà se ripercorrendo questa passeggiata prima o poi non mi cadrà l’occhio su qualche altra esotica spuntata così, quasi per magia. Mentre, per chi di voi non ha ancora avuto modo di vedere dal vivo l’okra, e per chi è interessato a ripercorrere circa tredicimila anni di storia dell’agricoltura, consiglio di visitare il Biodiversity Park e di farsi accompagnare da una delle agriguide all’interno della passeggiata della biodiversità.