Scoperta ricercatrici premiate apre a benefici economici e a riduzione fitosanitari nel settore. Ora serve stop di Bruxelles a equiparazione nuove biotecnologie a Ogm
Roma, 8 ott – “Il massimo premio scientifico da Stoccolma alle due ricercatrici Usa è un passo importante per tutto il settore agricolo, che deve affrontare con tempestività le sfide dell’eco-sostenibilità e della competitività del mercato globale. Siamo fiduciosi che questo Nobel possa essere il preludio a uno stop dell’equiparazione del genome editing e delle nuove tecniche di miglioramento genetico agli Ogm, dopo la controversa sentenza della Corte di Giustizia del 2018. L’auspicio di Cia è che si possa, adesso, intervenire sulla obsoleta legislazione comunitaria, dopo il primo passo della Commissione Ue, che ha inserito le nuove biotecnologie nella strategia From Farm to Fork per realizzare gli obiettivi di sostenibilità tracciati dal Green Deal”. E’ quanto afferma il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, commentando con soddisfazione il prestigioso riconoscimento a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.
“Il genome editing–prosegue Scanavino- non presuppone inserimento di Dna estraneo mediante geni provenienti da altre specie. Si opera, infatti, internamente al Dna della pianta, che rimane immutato e assicura la continuità delle caratteristiche dei nostri prodotti, garantendo anche l’aumento delle rese, insieme alla riduzione dell’impatto dei prodotti chimici e al risparmio di risorse idriche”.
Le nuove biotecnologie arrivano a perfezionare il corredo genetico delle piante in maniera simile a quanto avviene in natura, ma con maggior precisione e rapidità, oltre ad avere il vantaggio di essere poco costose e di potersi facilmente adattare alle tante tipicità dei nostri territori.
“L’agricoltura non può fare a meno del miglioramento genetico, che ha da sempre accompagnato la sua storia mediante le tecniche tradizionali di incrocio e innovazione varietale –ha spiegato Scanavino-. Oggi abbiamo bisogno di ulteriore miglioramento per adattare le nostre colture a un contesto ambientale trasformato dal cambiamento climatico e minacciato da patogeni come Xylella e cimice asiatica”.
“Un ultimo aspetto, riguarda la gestione di queste innovazioni –conclude Scanavino-. Non possiamo permetterci che il miglioramento genetico sia gestito solo da multinazionali lontane dalle esigenze reali del mondo agricolo. Dobbiamo, dunque, promuovere tutti gli strumenti che possano sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato e interazioni più strette tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca”.