Il convegno oggi a Roma all’Auditorium “Giuseppe Avolio” con Scanavino e Barile. A rischio un pezzo importante del sistema, costituito da 12.000 operatori, che garantisce diritti e servizi alle persone e alle imprese, con un significativo valore economico per la Pubblica amministrazione. Ma la Confederazione non è contro il cambiamento: giusto ridurre il numero dei Patronati, nel rispetto della vera rappresentanza.
Il Patronato serve, prima di tutto quello agricolo. Perché nelle aree rurali italiane, in un quadro di generale arretramento della disponibilità dei servizi sociali, riesce a coniugare il ruolo di supporto, tutela, assistenza e consulenza nei confronti dei cittadini a quello di maggiore intermediario nei confronti della Pubblica amministrazione. Ed è proprio questa funzione sociale dei Patronati, che garantiscono ogni giorno diritti e servizi alle persone e alle imprese, che deve essere salvaguardata. E che invece rischia di venire indebolita per colpa del taglio di risorse al fondo patronati previsto dalla legge di Stabilità. Questo è quanto emerso dal convegno “Il Patronato serve! Più valore a sussidiarietà e partecipazione” organizzato oggi a Roma all’Auditorium “Giuseppe Avolio” dall’Inac, il Patronato promosso dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori.
“E’ vero che il taglio inizialmente previsto di 150 milioni è stato in parte corretto dall’emendamento approvato dalla Camera -ha affermato nel suo intervento il presidente dell’Inac, Antonio Barile-. Ma noi continueremo la nostra battaglia affinché anche il taglio di 75 milioni venga eliminato del tutto. Perché è ancora rischio un pezzo importante del sistema dei Patronati, costituito da 12.000 operatori, che potremmo definire la rete più capillare di difensori civici impegnati nella tutela dei diritti sociali, spesso negati”.
“Solo il nostro Patronato -ha ricordato Barile- con circa 500 sedi, 1.000 recapiti, 685 operatori specializzati, 300 volontari, svolge un’attività immane diffusa sul territorio, in particolare quello rurale, contribuendo a dare valore al tema che la Cia felicemente ha messo al centro della sua azione sindacale ‘Il territorio come destino’. Qui svolgiamo l’80 per cento dell’attività riconosciuta, con 416.273 pratiche, dove stimiamo ogni anno non meno di un milione di cittadini”.
“La legge di Stabilità sul fondo patronati -ha ribadito il presidente dell’Inac- mette a rischio, anche dopo l’emendamento della Camera, migliaia di posti di lavoro e determina una drastica riduzione della capillarità sul territorio, con la chiusura degli uffici più piccoli (zone rurali dove neanche gli enti previdenziali sono presenti)”. Inoltre, ha continuato Barile, “la prevista riduzione dell’anticipazione annuale dall’80 al 65 per cento aggrava ulteriormente la situazione, poiché i patronati per far fronte hanno due sole possibilità: aumentare l’esposizione bancaria cui già oggi ricorrono, accrescendo sensibilmente i costi per interessi passivi e di conseguenza riducendo ulteriormente le risorse disponibili per la gestione; oppure non pagare gli stipendi al personale, fino a quando non vengono versate le ulteriori risorse dal fondo, creando un disagio insostenibile alle famiglie dei loro dipendenti”.
Va aggiunto che oggi i Patronati “non si limitano ad assistere i cittadini facendo loro consulenza e compilando le loro domande per richiedere le prestazioni -ha evidenziato il presidente dell’Inac- ma operano online inviando direttamente i flussi telematici agli enti previdenziali, che grazie a tali modalità hanno eliminato la carta e ridotto il servizio al pubblico. È evidente che a fronte dei Patronati costretti a ridurre l’attività nei limiti delle risorse disponibili, gli enti previdenziali dovranno rivedere i loro costi, poiché o tornano a ricevere direttamente i cittadini o pagano ai Patronati l’invio telematico, perché senza risorse, il servizio non si può più garantire -ha aggiunto-. I Patronati permettono all’Inps e all’Inail di risparmiare circa 700milioni di euro, costando poco più della metà, circa 420 milioni”.
Insomma, “la scelta di depotenziare i Patronati, fino all’impossibilità di sostenersi economicamente, è una scelta sbagliata”, ha detto il presidente della Cia, Dino Scanavino, chiudendo i lavori del convegno. Poi è chiaro che “le organizzazioni della rappresentanza e i loro strumenti come i Patronati hanno bisogno di cambiamento, fatto di semplificazione ed efficienza. In questo senso la Cia ha svolto fino in fondo il suo compito, essendo stata protagonista della nascita di Agrinsieme”.
Sicuramente oggi “la platea dei Patronati è troppo affollata e costituita da molti soggetti scarsamente articolati sul territorio e scollegati da qualunque organizzazione di rappresentanza promotrice vera -ha proseguito Scanavino- e questa è una situazione che va risolta con uno snellimento mirato”. Contemporaneamente “dobbiamo rafforzare la proposta Inac e i servizi alla persona destinati al nostro target di riferimento, coltivatori diretti e Iap”. Ad esempio “il tema delle malattie professionali in agricoltura è un’area non del tutto esplorata, sia per quanto riguarda la prevenzione che per la tutela del diritto degli agricoltori a vedersi riconosciuta il diritto alla rendita”. Più in generale, ha concluso il presidente della Cia, “dobbiamo immaginare e realizzare il Patronato Inac 2.0, cioè che sappia essere interattivo con tutti i cittadini che utilizzano abitualmente Internet”.