Circa un mese dopo la laurea, in un pomeriggio che era iniziato come uno tra i numerosi di riunione con i ragazzi di Dévelo (Laboratorio di cooperazione internazionale presso la Facoltà di Agraria dell’Università Statale di Milano), mi hanno proposto, improvvisamente, di entrare a far parte di un progetto per la coltivazione di ortaggi esotici. Per farlo sarebbe stato necessario seguire nella produzione passo passo nove aziende agricole, e rapportarsi con la ong Ases (Associazione Solidarietà e Sviluppo) e la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), ideatori e sostenitori del progetto. Queste sono state le brevi e concise informazioni fornitemi da Davide Cinquanta, il mio predecessore, e dal professor Stefano Bocchi.
Brevi, ma erano le informazioni che mi sono bastate per decidere di inviare subito la mia candidatura per poter entrare a far parte di “Nutrire la città che cambia”.
Eccomi adesso qui, tre mesi dopo quell’inaspettata proposta, nel pieno del lavoro. Al mio fianco c’è Antonio Corbari, un agricoltore che ha un patrimonio di conoscenze da insegnare a chi come me si affaccia solo adesso al mondo dell’orticoltura, e che le ama condividere. In questi tre mesi dall’inizio della terza e ultima annualità del progetto, io e Antonio abbiamo fornito i semi degli ortaggi esotici (ampalaya, okra, quìnoa, kangkong, melanzana africana, cilantro, daikon, ajì amarillo, camore, rocoto) alle nove aziende partecipanti al progetto che hanno provveduto poi alla creazione dei semenzai e, in seguito, al trapianto delle piantine ottenute.
In questi giorni si stanno raccogliendo i primi ortaggi, quelli dell’okra, e già da un mesetto è stato raccolto il cilantro. Per gli altri ortaggi ci sarà da aspettare ancora qualche tempo, chi più chi meno. Nel frattempo siamo sollevati nel vedere spuntare le prime piantine di quìnoa, unico tra gli ortaggi che fino ad adesso ci ha dato qualche problema, nei campi del Podere Monticelli, nel lodigiano, ma ovviamente è presto per trarre conclusioni.