Prodotti biologici di eccellenza, che abbinano all’alta qualità nella produzione, un forte contenuto sociale: sono i “vini solidali”, una realtà in costante crescita all’interno del panorama agroalimentare italiano. Questi prodotti sono stati al centro di un’importante iniziativa, organizzata dalla Cia-Agricoltori Italiani, durante Vinitaly: sono stati riconosciuti come patrimonio ad elevata valenza socio-economica che va valorizzato e difese e le cui traiettorie di sviluppo e crescita competitiva.
Un programma ricco d’interventi che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del viceministro delle Politiche agricole Andrea Olivero e di Cinzia Pagni, vicepresidente vicaria della Cia e di membro del Coordinamento nazionale del Forum dell’Agricoltura Sociale. Gli interventi hanno posto l’accento sull’importanza dell’agricoltura che fa “welfare”: non solo opportunità economica, ma bene comune per la collettività, strumento concreto di riabilitazione e inclusione sociale.
L’Italia oggi si colloca ai primi posti dello scenario europeo con oltre 1.000 progetti e pratiche di agricoltura sociale all’attivo. Tantissime aziende associate alla Cia hanno già avviato e sperimentato questo nuovo modo di fare agricoltura, promuovendo l’offerta di servizi assistenziali e occupazionali a vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap,tossicodipendenti, detenuti, anziani, bambini) e di aree fragili (montagne e centri isolati) in collaborazione con istituzioni pubbliche e con il vasto mondo del Terzo settore.
L’agricoltura sociale, dunque, cresce nei numeri, contando oltre 4 mila addetti su tutto il territorio nazionale e toccando un valore della produzione di 200 milioni di euro.
In tale contesto, ha osservato la vicepresidente vicaria della Cia, “la realtà del vino solidale può rappresentare una nuova opportunità. La filiera del vino è senza dubbio un esempio vincente all’interno del settore agroalimentare. Dopo la crisi dell’etanolo, i produttori hanno saputo reagire e, attraverso sacrifici, lavoro e investimenti, hanno portato il vino tricolore sulle tavole di tutto il mondo, tanto che lo scorso anno le esportazioni sono valse circa 5,4 miliardi di euro. Ma il vino italiano vuol dire anche territorio, tutela del paesaggio e dell’ambiente. Un trinomio vincente che vede nell’ascesa del segmento del vino biologico una delle principali rappresentazioni. Con oltre 72mila ettari coltivati a vite, una produzione di uva che sfiora i 5 milioni di quintali, più di 1.300 cantine, vendite raddoppiate nell’ultimo anno: la produzione di vino con il metodo biologico rappresenta ormai una delle realtà più interessanti dell’agroalimentare nazionale. E se ai tanti punti di forza del vino si affiancano i valori dell’agricoltura sociale e del suo processo plurale, radicato nei luoghi, allora le potenzialità aumentano. Quindi quanto più saremo capaci di coniugare gli elementi produttivi con quelli della sfera sociale e di promuoverne la diffusione, tanto più il sistema vitivinicolo italiano e, con esso, l’agroalimentare, saranno più forti e competitivi sui mercati”